Nato tra difficoltà e ingiustizie nella baraccopoli di Dandora, Otieno usa le sue foto per dare voce a una generazione che non si arrende
di Antonio Portolano
BRINDISI – In una stanza piena del rumore delle vite che scorrono al Molo 12, ho incontrato Ibrahim Rashid Otieno. Occhi scuri come la notte sopra Dandora, le sue parole esplodono come scatti fotografici. Qui, a Palazzo Guerrieri di Brindisi, il mondo di Ibrahim non si limita a raccontare: travolge. La sua storia è quella di un ragazzo che ha trasformato il dolore e la resistenza in un linguaggio universale: la fotografia. Ogni click è una rivoluzione.

Dandora, dove il dolore e l’arte si incontrano
Dandora. Più che un nome, una condanna. Un luogo dove i sogni si accartocciano sotto i piedi, insieme con i rifiuti della società. Ma non per Ibrahim. Per lui, ogni volto era una storia, ogni ruga una mappa. «Ho iniziato a fotografare la mia comunità quando avevo solo 10 anni. Usavo la vecchia macchina fotografica di mio padre. Non avevo altro. Solo la mia macchina e l’idea che il mondo dovesse vedere», spiega. Ora, quelle immagini non sono più solo immagini: sono pugni nello stomaco.
La foto di copertina che potete vedere su UnoGenio, racconta in un click un duplice omicidio. «Se la osservate bene – racconta Antonio Ligorio – la persona che giace per terra è un giornalista ucciso dal getto degli idranti. La persona colpita dal getto potentissimo, morirà pochi istanti dopo, perdendo l’equilibrio e battendo il capo per terra. Il colore rosa del getto degli idranti è dovuto al fatto che non c’è solo acqua ma sostanze urticanti». Eppure quei giovani scesi in piazza «armati» solo di cartelli, telefonini e rose. Fiori che donavano alle forze dell’ordine nella speranza che potessero capire il loro disappunto. La loro protesta.
La baraccopoli di Dandora
Cresciuto in un luogo dove la sopravvivenza era già una vittoria quotidiana, Ibrahim ha affinato la sua capacità di osservare, di cogliere dettagli che altri avrebbero ignorato. Ogni fotografia di Dandora, una delle baraccopoli più grandi del pianeta, è un frammento di realtà che grida per essere vista. La baraccopoli, con il suo caos e la sua disperazione, ha dato a Ibrahim un punto di partenza per raccontare una storia che è al tempo stesso personale e universale.

Il 25 giugno: il giorno in cui tutto è esploso
Il 25 giugno 2024. Un giorno che non si dimentica. Giovani, migliaia, con bandiere e fiori. Una Generazione Z – Genzì la chiama in keniota Ibrahim – che non chiede più permesso. «Abbiamo preso le strade con i nostri telefoni, cartelli, niente di più. Ci hanno risposto con proiettili, lacrimogeni e cannoni d’acqua» racconta Otieno, la voce ferma come le sue fotografie. «Non volevamo guerra, solo giustizia. Ma hanno usato le loro armi contro i nostri fiori».
Sessanta morti. Trecento feriti. Ognuno con un nome, una storia, un sogno interrotto. Ma chi è rimasto in piedi non ha piegato la testa. «Non ci fermeremo finché non avremo un Kenya che ci appartenga», dichiara con l’ostinazione di chi non ha nulla da perdere. «Vedo nella Gen Z il futuro del Kenya, magari nelle prossime elezioni del 2027». Ibrahim non ha solo documentato, ha vissuto quella rivoluzione. Ogni click era un atto di resistenza, un modo per dire: siamo qui, e non ce ne andremo.
Le proteste, iniziate come un grido contro un bilancio fiscale che aumentava i costi della vita per le fasce più vulnerabili, sono diventate il simbolo di una generazione che rifiuta la corruzione e l’ingiustizia. «La Generazione Z sa cosa vuole. Non è tribale, non è legata ai vecchi schemi politici. Vuole un futuro, e lo otterrà», dice Ibrahim.
Eastlando Photography, l’arte di resistere
Dietro il nome Eastlando Photography c’è una missione. Raccontare, mostrare, urlare attraverso le immagini. «Ho fondato Eastlando per dare voce a chi non ce l’ha» , mi spiega Ibrahim. È più di un collettivo fotografico; è un manifesto, una dichiarazione d’intenti. Ogni scatto è un atto di resistenza. «Non voglio che il mondo veda solo il dolore. Voglio che veda la forza, la bellezza di una terra che non si arrende. Il Kenya non è solo il dolore di questi scatti, è una nazione bellissima, una terra meravigliosa. Invito tutti voi a visitarla».
Eastlando è diventato un punto di riferimento per i giovani creativi di Nairobi. Con un team di fotografi appassionati, l’organizzazione esplora storie nascoste, illuminando le zone più oscure della città. «Abbiamo iniziato a fotografare la bellezza nei dettagli. Un sorriso, un gesto. La vita che persiste nonostante tutto». Per Ibrahim e il suo team, la fotografia è uno strumento per ridare dignità.
Eastlando non è solo un progetto artistico, ma anche una scuola di pensiero. Attraverso workshop e collaborazioni, Ibrahim sta formando una nuova generazione di fotografi, capaci di raccontare il loro mondo con autenticità e coraggio.
Il ruolo di Still I Rise, oltre la fotografia
«Still I Rise è stata la scintilla» dice Antonio Ligorio, digital creator e promotore di Ibrahim a Brindisi. Una scintilla che ha acceso un movimento. Con questa ONG, Ibrahim non ha solo insegnato fotografia ai bambini di Mathare; ha insegnato cosa significa resistere. «Mathare è una scuola di vita. Ogni bambino che impara a vedere attraverso un obiettivo impara a sognare», spiega.

L’amicizia stretta con Antonio Ligorio è il motivo per cui Ibrahim si trova in questi giorni a Mesagne a raccontare con i suoi scatti il suo Kenya, feroce e allo stesso tempo meraviglioso. «Sono un amante della fotografia – dice Ligorio – io realizzo un calendario ogni anno per finanziare la scuola per i bambini a Nairobi. In pratica paghiamo le rette scolastiche per permettere a tanti bambini di studiare in numerose scuole della comunità keniota di Kapuezesha, che si trova nella baraccopoli di Deep Sea (uno degli slum di Nairobi). I bambini e le famiglie che sosteniamo vivono lì».

Per Ibrahim, collaborare con Still I Rise è stato come piantare semi. Ogni lezione, ogni immagine scattata insieme ai bambini era un modo per far crescere qualcosa di nuovo. «I bambini di Mathare sono il futuro. Hanno visto più sofferenza di quanto sia giusto, ma hanno ancora speranza. E quella speranza è contagiosa».
Nel 2021, Still I Rise ha inaugurato a Nairobi, in Kenya, la sua prima Scuola Internazionale, offrendo gratuitamente il curriculum del Baccalaureato Internazionale (IB) a bambini profughi e vulnerabili, democratizzando così l’istruzione di alto livello.
L’organizzazione è stata nominata al Premio Nobel per la Pace nel 2023, riconoscimento che sottolinea il suo impegno nel garantire istruzione e protezione ai minori più bisognosi.
Il nome “Still I Rise” si ispira alla poesia omonima di Maya Angelou, simbolo di resilienza contro pregiudizi e ingiustizie.

Una mostra, un grido
A Mesagne, grazie all’Associazione di Promozione Sociale Arci La Manovella, presieduta da Gabriele Colucci Carluccio, è in corso la mostra «Kenya – Africa. Volti, sguardi e speranze di un popolo» è una galleria di rivoluzioni personali e collettive. Qui, Ibrahim Rashid Otieno non espone solo fotografie; espone verità. Fino al 15 dicembre, ogni immagine è un invito a vedere, sentire, cambiare. Ogni scatto è una finestra su un mondo che molti preferirebbero ignorare. Ma Ibrahim sa che non c’è cambiamento senza consapevolezza. «La mia mostra non è solo arte. È un grido per chi non può gridare».

La seconda patria, l’Italia
E poi c’è l’Italia. Per Ibrahim, non è solo un luogo, è una scoperta. «La gente è calda, i paesaggi raccontano storie. Mi sento a casa», dice. Perché sì, Ibrahim adora il cappuccino. E la pizza. Ma soprattutto dalla speranza che luoghi come questo, Brindisi, possano accogliere storie come la sua. Ogni angolo d’Italia gli parla. Della sua storia, della sua gente, della possibilità di un futuro diverso. E Ibrahim lo porta con sé, come un regalo, ovunque vada.

Il futuro fatto di click e cambiamento
«Ogni immagine è un’arma, ogni click una rivoluzione», dice Ibrahim. E lo crede davvero. Mentre parliamo, so che le sue parole non sono solo parole. Sono promesse. La Generazione Z del Kenya ha trovato la sua voce. E quella voce ha un obiettivo puntato sul futuro. Ogni click di Ibrahim è un colpo che segna, un passo verso il cambiamento che non può più aspettare. «Vedo nella Gen Z il futuro del Kenya, alle prossime elezioni immagino che ci sarà un suo rappresentante al governo. Venite a trovarci, scoprirete un mondo meraviglioso, gli italiani, i brindisini, i mesagnesi sono miei fratelli. Li ringrazio per questa possibilità di dialogo e per aver aperto questa finestra sul Kenya, un mondo bellissimo, ma spesso ignorato».

Il privilegio dello scambio culturale
Ringrazio Ibrahim Rashid Otieno per il privilegio di averlo incontrato e per lo scambio culturale che ha offerto al Molo 12 di Palazzo Guerrieri. Un momento di arricchimento culturale e professionale reso possibile della generosità e l’impegno di persone meravigliose del Brindisino come Maura Cesaria, Antonio Ligorio, Gabriele Colucci Carluccio e tutti i partecipanti all’appuntamento conclusivo dell’iniziativa “Verso il Forum Giovani Brindisi”, dal titolo “Azione: Idee e progetti per il Forum Giovani Brindisi”, promosso dal Nodo di Brindisi “Galattica – Rete Giovani Puglia”.