Siamo in un nuovo Medioevo digitale

Un'immagine concettuale che illustra la concentrazione del potere della tecnologia sulle persone, generata con Dall-E

Siamo in un’epoca dominata dalla tecnologia, dove pochi colossi controllano l’informazione e i dati. La libertà digitale è a rischio

di Antonio Capodieci
Docente di Sistemi Informativi Università del Salento – Esperto di Trasformazione digitale

Il dominio invisibile della tecnologia

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia domina gran parte delle nostre relazioni, del nostro lavoro e persino del nostro pensiero. È un dominio silenzioso ma capillare, e ciò che lo rende ancor più sorprendente è la concentrazione di questa influenza nelle mani di pochissimi operatori privati. Non era mai successo, nella storia dell’umanità, che un ambito così centrale della nostra esistenza fosse sostanzialmente controllato da un ristretto numero di attori.

Antonio Capodieci ingegnere Docente di Sistemi Informativi UniSalento, Esperto di Trasformazione digitale

L’algoritmo decide per noi: chi controlla l’informazione?

I grandi motori di ricerca, attraverso propri algoritmi di selezione e classificazione, stabiliscono quali informazioni mostrarci in primo piano e quali relegare in secondo piano, e quali, eventualmente omettere, indirizzando in modo significativo il nostro percorso di conoscenza.

Gli strumenti di intelligenza artificiale, come quelli sviluppati da OpenAI, stabiliscono cosa e come rispondere alle nostre domande, pilotando in parte il nostro modo di conoscere il mondo. Il caso recente di DeepSeek, avanzatissima tecnologia cinese capace di performance che risultano, nei test scientifici, superiori a quelle di OpenAI a costi decisamente più bassi, ha fatto scalpore. Tuttavia su temi delicati come gli eventi di Piazza Tienanmen o la questione di Taiwan, DeepSeek presenta dei fortissimi “bias”. È emerso così un vero e proprio allarme censura, accompagnato da una domanda cruciale: non potrebbe avvenire lo stesso, oggi o domani, con qualsiasi altro servizio analogo, inclusi quelli occidentali? Già oggi se provate a fare domande specifiche su alcuni personaggi politici, a Gemini, AI di Google, vi risponde che “Al momento non posso rispondere a domande su elezioni e personaggi politici.”

Una immagine realistica del controllo della tecnologia sulle persone, generata con Dall-E

Il pericolo di una concentrazione del potere digitale

La storia ci insegna che il potere, quando si concentra in poche mani, trova sempre strade per imporre una propria visione del mondo. Chi può assicurarci che Google, OpenAI o qualsiasi piattaforma analoga non agiscano allo stesso modo, selezionando cosa è lecito e cosa non lo è, cosa debba emergere e cosa restare in ombra?

Non esiste un ente pubblico o condiviso che certifichi la trasparenza di queste dinamiche, né un controllo terzo che stabilisca le regole etiche e morali cui adeguarsi. L’esempio dei social network rafforza ulteriormente questa preoccupazione. Qualche anno fa Twitter ha rimosso l’account di Donald Trump, uno degli esponenti politici più influenti del mondo. Una decisione presa autonomamente, senza un processo in cui venisse coinvolta alcuna autorità esterna o senza un contraddittorio a tutela dei principi di libertà di parola.

Indipendentemente dal fatto che la posizione di Trump sia o meno agli antipodi rispetto a una determinata visione del mondo e ai relativi principi, resta valido il principio, spesso attribuito a Rousseau, secondo cui, anche senza condividerne le idee, è fondamentale difendere sempre il diritto di esprimerle. Si tratta di un richiamo al valore universale della libertà d’opinione, che andrebbe tutelato soprattutto quando riguarda posizioni scomode o controverse.

Un nuovo Medioevo digitale: il potere senza regole

Nel mondo materiale, un giudice può imporre limiti e sanzioni, ma nel digitale tutto sembra avvenire in maniera unilaterale. Alcuni ritengono che tali decisioni siano legittime in quanto assunte nell’ambito di un servizio erogato da aziende private, ma tralasciano il fatto che queste piattaforme hanno ormai assunto un ruolo pubblico e incidono in modo determinante sul dibattito e sulla società.

Ciò che si profila è il rischio di un “nuovo Medioevo digitale”, in cui pochissimi “signori” detengono il controllo di beni fondamentali come l’accesso alle informazioni e la gestione delle nostre impronte virtuali.

Un’immagine che mostra il rischio della perdita della privacy, generata con Dall-E

Dati personali: il nostro “gemello digitale” in mani private

Questo scenario emerge con particolare forza se si pensa alla raccolta e all’utilizzo dei dati personali, che costituiscono una sorta di “gemello digitale” di ciascuno di noi. Le piattaforme che possiedono questi dati li trattano a fini commerciali o di profilazione, senza reali limitazioni.

Manca un perimetro condiviso di diritti e regole adeguate all’era in cui viviamo. Non esistono procedure simili a quelle che, nei secoli, hanno portato alla nascita e al consolidamento dello Stato di diritto nel mondo materiale. È quindi urgente immaginare meccanismi nuovi, capaci di coniugare la rapidità d’azione tipica del digitale con la tutela delle libertà fondamentali.

L’Europa tra regolamentazione e inefficacia

È in questo contesto che l’Europa ha provato a intervenire attraverso normative come il GDPR e l’AI Act. Se da un lato tali iniziative rappresentano un tentativo di porre limiti all’uso dei dati e di assicurare maggiore trasparenza, dall’altro appaiono poco incisive, o addirittura avvertite come un ulteriore onere burocratico. Il risultato è che manca ancora una visione condivisa, capace di conciliare la rapida evoluzione del digitale con la necessità di salvaguardare i diritti fondamentali.

Un ulteriore motivo di preoccupazione risiede nel fatto che queste piattaforme sono gestite interamente al di fuori dell’Europa. Che cosa accadrebbe se, per qualsiasi ragione, dovessero decidere di interrompere il servizio agli utenti europei?

Un’immagine che rappresenta la censura digitale, generata con Dall-E

Il futuro digitale: la necessità di nuove regole

Ovviamente non è possibile applicare meccanicamente gli stessi metodi o procedure del mondo materiale all’ambito virtuale ma, se vogliamo evitare che questo “nuovo medioevo” si affermi come realtà definitiva, occorre al più presto avviare un confronto pubblico e collettivo sulla governance delle tecnologie.

Appare urgente progettare e implementare nuove forme di controllo che bilancino rapidità e tutela dei diritti. È un compito ambizioso, tuttavia non abbiamo scelta: il digitale è parte integrante delle nostre vite, non più un semplice accessorio. Senza un intervento consapevole, rischiamo di restare bloccati in una sorta di terra di nessuno, dove i pochi che detengono il potere tecnologico finiscono per riscrivere, a modo loro, le regole della libertà e della conoscenza.

Un equilibrio tra interesse privato e bene comune

L’obiettivo è creare strumenti di controllo capaci di garantire quell’equilibrio tra interesse privato e bene comune che oggi sembra seriamente minacciato. Soltanto così potremo sperare di traghettare la nostra società verso un’era digitale in cui siano rispettati tanto i diritti individuali quanto l’interesse collettivo.

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